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Portafogli Rotazionali: verso una nuova gestione del rischio

Quando sui mercati aumenta la volatilità e si assiste ad una brusca ricorrezione dei prezzi, spesso si possono subire perdite ingenti, soprattutto se si gestisce un portafoglio azionario esposto al rialzo. A cavallo del 24 agosto scorso abbiamo assistito proprio ad una manifestazione di tale dinamica, che si è abbattuta su tutti coloro che possedevano titoli in acquisto sul mercato azionario statunitense e non solo.

Ma quali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per proteggerci da tali eventi che, se pur rari, continueranno a presentarsi in futuro?

La prima possibilità che abbiamo è quella di bilanciare l’esposizione al rialzo con quella al ribasso, adottando un certo numero di sistemi che operino short sul mercato azionario. Esiste una tematica di costi e di opportunità nel seguire una metodologia di trading come quella citata su un mercato, quello azionario, storicamente affetto da una tendenza rialzista di medio lungo termine. Inoltre non dobbiamo dimenticare che a causa di tale “bias” rialzista, le opportunità di ingresso in posizione al ribasso non si presenteranno in maniera omogenea rispetto a quelle al rialzo. Declinando questo in un’ottica di portafoglio, possiamo dire che non è detto che un portafoglio di sistemi di trading possa dirsi equilibrato se è composto da un egual numero di trading system al rialzo e al ribasso. Inoltre tutte le nostre congetture sono legate a come si siano comportati tali sistemi nel passato e nulla è certo sul loro futuro sviluppo. Si capisce allora come la fase della composizione del portafoglio assomigli più a quella di un chimico intento a miscelare differenti sostanze per ottenere un buon medicinale: bisogna trovare una sorta di compromesso sotto una certa percentuale di incertezza. Di fatto proprio la gestione dell’incertezza, padroneggiando la teoria della probabilità, caratterizza una delle armi più potenti a nostra disposizione.

Un’altra possibilità è quella di utilizzare una seconda operatività su uno strumento che possa assicurare una certa copertura dal rischio del portafoglio originario. Un esempio può essere quello di utilizzare uno strumento finanziario associato al VIX, che tende ad aumentare in valore in corrispondenza alla debolezza dei mercati. Avere un sistema che vada in acquisto su uno strumento come VXX (ETN sul VIX) ad esempio, può neutralizzare gran parte delle perdite sull’azionario. Oppure si può utilizzare un sistema che operi solo al ribasso sul future di un indice azionario come l’S&P500. Il numero dei contratti dovrà essere dosato in base alla percentuale di portafoglio che si intende neutralizzare durante le fasi ribassiste.

Infine è possibile tutelarsi da “avarie” più lente di ciascun sistema componente il nostro portafoglio, mediante sistemi di inibizione dell’equity line: in sostanza si determina un criterio o un insieme di criteri grafico-statistici che possano determinare lo spegnimento o la riaccensione del suddetto sistema. Quando le performance del singolo trading system si discostano troppo da quelle attese, mettiamo, per così dire, in soffitta la nostra metodologia, in attesa che torni in linea con le nostre aspettative. Anche qui il tuning è molto complesso, anche perché in linea di massima dovrebbe essere il medesimo per tutti i sistemi tradati. Personalizzare ad hoc i sistemi di controllo può portare ad una iper-ottimizzazione dei nostri parametri. In generale quando si parla del pericolo del cosidetto “overfitting”, si parla dell’ottimizzazione dei parametri di progetto sulla componente di rumore, che avrà poche o nessuna probabilità di ripetersi tale e quale in futuro. Saper riconoscere e separare il segnale dal rumore, nel nostro campo, può far la differenza tra la sopravvivenza o meno.

Tutti questi sistemi o parte di essi sono attivi su molti portafogli professionali, eppure anche i più sofisticati non sono immuni da brusche ricorrezioni. Questo perché ci si muove nell’ambito delle probabilità e a parte costruire modelli, la cui efficienza è sempre misurata ex post, sono poche altre le armi a nostra disposizione.

Oggi desidero parlarvi di un’ulteriore modalità operativa che può utilizzare un gestore di portafogli: la logica rotazionale.

Tutti i dati che sto per presentare sono relativi ad uno studio proprietario effettuato sul portafoglio azionario Gandalf USA. Si tratta di un insieme di quasi 70 trading system genetici (ottenuti cioè facendo setacciare ad una macchina le serie storiche ripulite il più possibile dalla componente di rumore), alcuni dei quali operano unicamente al rialzo (in acquisto) ed altri al ribasso (in vendita). Ognuno dei sistemi componenti è controllato da due logiche di inibizione dell’equity line e il tutto è abbinato ad un sistema di copertura dinamico su VXX. Al netto dei sistemi inibiti, il portafoglio ad oggi attinge da un bacino di 41 sistemi al rialzo e 23 al ribasso.

Prendiamo i 41 sistemi al rialzo e ipotizziamo di utilizzare una logica rotazionale soltanto su di essi. In sostanza si decide di prendere una o più metriche che caratterizzano ciascun sistema (come ad esempio il Profit Factor o l’Average Trade) e decidiamo di creare una graduatoria per capire a colpo d’occhio quali siano i sistemi maggiormente in salute e quali i meno performanti. A questo punto continuiamo ad utilizzare i migliori e inibiamo i peggiori. 
In figura 1 è possibile osservare un esempio di ordinamento (“ranking”) effettuato in data 31 agosto 2015 sulla lista dei 41 trading system genetici.


Fig.1: ordinamento di 41 sistemi di cui 25 selezionati per essere tradati. Modulo “Rotor” del software proprietario “Gandalf”.

Gli elementi cruciali in questo tipo di processo diventano:
1) Quanti sistemi prendere ogni volta in graduatoria
2) Ogni quanto ripetere l’ordinamento

Nell’esempio che stiamo presentando vediamo 25 sistemi da tradare (sul bacino di 41) con ranking ripetuto ogni 20 giorni borsistici.

Ma qual è l’effetto del nuovo portafoglio rotazionale se confrontato con quello originario di 41 sistemi?

Fig.2: Portafogli a confronto: in verde il portafoglio rotazionale (25 sistemi) e in rosso quello originario (41 sistemi). In basso il draw down dei due portafogli a confronto.

Nella tavola superiore di figura 2 possiamo osservare in rosso l’equity line aggregata del sistema originario composto da 41 trading system, mentre in verde quella del sistema rotazionale ottenuto tradando ogni mese i 25 migliori sistemi del paniere. La curva verde appare più regolare, anche se guadagna di meno (70000 $ contro 120000 $). Tale regolarità si evince, in maniera più tecnica, osservando la tavola inferiore di figura 2: il draw down (la ricorrezione da ogni nuovo picco di equity line) della curva verde è sempre più contenuta e la sua distribuzione appare più regolare. Qualcuno potrebbe obiettare che la minore incidenza del draw down potrebbe essere figlia più della minore esposizione (25 contro 41 sistemi) che della bontà dell’approccio rotazionale. Tuttavia, proiettando il controvalore della curva verde per uniformarla con quella rossa si evince come il gap non sia ancora riassorbito, a testimonianza che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.

Eppure guadagniamo di meno. A questo punto ci serve una modalità univoca per poter apprezzare la bontà o meno della logica rotazionale.
Quello verso cui ci stiamo muovendo non è un sistema che guadagni di più dell’originale (tra l’altro alimentato da un controvalore maggiore). Quello che stiamo inseguendo è una maggiore regolarità ed una conseguente ulteriore protezione dal rischio di portafoglio.

Pensiamo ad esempio a prendere 100 portafogli, ottenuti aggregando 25 sistemi a caso dei 41 totali. Successivamente mettiamo a confronto le metriche dei 100 sistemi “randomici” così ottenuti, con quelle del sistema rotazionale.

Fig.3: Equity line dei 100 portafogli aggregati di 25 sistemi presi casualmente e in verde il portafoglio rotazionale.

Da una prima analisi superficiale i risultati non sembrerebbero confortanti: la curva verde rotazionale si trova infatti nella parte inferiore della distribuzione dei portafogli casuali. 70 dei 100 portafogli, totalizzano un guadagno superiore a quello ottenuto dal portafoglio rotazionale. Ma, ancora una volta, il nostro intento non era quello di guadagnare di più di altre combinazioni, quanto quello di ottenere una maggiore regolarità nei guadagni. Vediamo dunque cosa accade analizzando le ricorrezioni:

Fig.4: Grafico dei draw down dei 101 portafogli. In verde il draw down del portafoglio rotazionale.

Osservando figura 4 possiamo già intuire cosa abbiamo ottenuto: di fatto, per apprezzare appieno la riduzione del rischio ottenuta mediante il portafoglio rotazionale è necessario analizzare la distribuzione dei massimi draw down registrati da ciascun sistema:

Fig.5: Distribuzione dei massimi draw down dei vari portafogli. In verde il massimo draw down del portafoglio rotazionale.

L’istogramma di figura 5 mostra in rosso la distribuzione dei massimi draw down di tutti e 100 i portafogli, ottenuti aggregando 25 sistemi a caso nel bacino dei 41 possibili sistemi e in verde il massimo draw down registrato dal nostro portafoglio rotazionale. Soltanto 25 portafogli casuali fanno registrare una performance di ritracciamento migliore del nostro portafoglio rotazionale, mentre ben 75 mostrano un max draw down peggiore. Siamo ben al di sotto della media (linea nera orizzontale) che del cinquantesimo percentile (linea blue). Per la precisione ci troviamo sopra il settantesimo percentile della distribuzione, un risultato importante.

Poteri dilungarmi con una moltitudine di varianti che si possono adottare per migliorare ulteriormente la dinamica del portafoglio rotazionale, ma quello che vorrei trasmettere è come anche con un semplice ranking periodico si possa agire sul controllo del rischio di un portafoglio.

Buon trading!

Giovanni Trombetta

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